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Gli ebrei di Rodi - In ricordo di Joseph Varon

Rodi, 25.11.1926 - Roma, 03.03.2020

Gli ebrei di Rodi - In ricordo di Joseph Varon

La storia ebraica di Rodi è antichissima, con le prime testimonianze storiche che arrivano a 2.300 anni fa, ma è nel XV secolo, con l’arrivo nell’isola degli ebrei espulsi dalla Spagna, che questa presenza divenne numericamente e culturalmente significativa. Chi si stabilì nell’isola portava una lingua e una cultura specifica, profondamente segnate dalla vita secolare nella penisola iberica, l’amata Sefarad, ma si integrò presto nella nuova realtà e vi prosperò. Dopo secoli di dominio ottomano, nel 1912 l'isola passò sotto il controllo italiano e divenne ufficialmente parte del Regno d'Italia nel 1923. La comunità ebraica salutò con favore il cambiamento politico, e negli anni la nuova cittadinanza divenne un affetto sincero e un profondo senso di appartenenza alla nazione.

Nei ricordi di chi vi nacque, quella di Rodi era una comunità unita, caratterizzata da un forte senso di solidarietà e che si considerava come una sola grande famiglia. La vivace vita ebraica di Rodi, che per secoli si era sviluppata in un contesto multiculturale e tollerante, fu però sconvolta dalle leggi razziali, introdotte nel 1938 dal governo fascista. Iniziarono gli anni della discriminazione e della paura. Alcuni ebrei riuscirono a emigrare, ma molti rimasero lì fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, quando l’isola fu poi occupata, nel 1944, dall'esercito tedesco.

Nel luglio di quell'anno l'intera popolazione ebraica venne deportata ad Auschwitz.
Dei 1.749 ebrei di Rodi, solo 181 sopravvissero.

La vita ebraica a Rodi è stata spazzata dallo sterminio nazista. Il ricordo di Rodi è però sempre vivo nella memoria di chi riuscì a salvarsi e questa memoria di un passato così unico è stata trasmessa ai loro figli e nipoti.

Tra i deportati di Rodi c'era un ragazzo di 18 anni, Joseph Varon, che dopo il viaggio disumano verso Auschwitz viene lì separato dalla madre e dalle sorelle e selezionato per il lavoro forzato, insieme al fratello e al padre. Il padre verrà in seguito ucciso nelle camere a gas, mentre Joseph e il fratello saranno poi trasferiti a Charlottengrube per lavorare nelle miniere di carbone. Di fronte all'avanzata dell'esercito sovietico, il campo di Charlottengrube viene evacuato e i suoi prigionieri costretti a marciare verso Mauthausen. Alla liberazione di Mauthausen da parte degli americani, Joseph è ancora vivo. Dopo la guerra, arrivò a Roma, e qui ha continuato la sua vita, fino alla morte avvenuta il 3 marzo.

Joseph Varon è stato un Testimone della Shoah, e ai giovani ha voluto dedicare il suo pensiero:

"Leggete molto, studiate la storia e ponderate molto sulle conseguenze nefaste che possono scaturire da una politica", disse nel 2017, davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel corso della cerimonia al Quirinale per il Giorno della Memoria.

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