Conoscere la Shoah

Anna Frank

La storia di giugno

Anna Frank

Annelies Marie Frank, da tutti chiamata Anne, nasce il 12 giugno 1929 a Francorforte sul Meno in una famiglia ebraica dell’alta borghesia. Per i primi quattro anni della sua vita visse in un tranquillo quartiere della periferia della città ma nel 1933 – con la salita al potere di Hitler – il padre, Otto Frank, che come tanti ebrei tedeschi aveva combattuto nell’esercito nazionale durante la I guerra mondiale, decide di lasciare la Germania e aprire in Olanda una filiale della famosa ditta di pectina Opekta.

La famiglia si trasferisce ad Amsterdam nel 1934, nel 1935 diventa apolide perdendo la cittadinanza tedesca ma Anna e la sorella maggiore Margot si integrano velocemente nella società olandese. Anna frequenta una scuola montessoriana fino a quando, il 10 maggio del 1940, l’esercito nazista invade l’Olanda e la famiglia Frank, come tutti gli ebrei, si trova soggetta alle leggi razziali. Otto Frank riesce a mantenere di fatto la gestione della sua attività cedendone la proprietà a due impiegati cristiani ma – non riuscendo ad ottenere il visto per gli Stati Uniti o per altri paesi sicuri - iniziò ad organizzare un rifugio nascosto con l’aiuto di alcuni suoi collaboratori.

Il 12 giugno del 1942, nell’ultimo mese di “libertà” in cui i suoi genitori cercavano di proteggerla dalla situazione drammatica che stavano vivendo, Anna riceve per il suo tredicesimo compleanno il famoso quadernino a quadretti bianco e rosso su cui scriverà il Diario. Diario che si trasformerà in Kitty - confidente e amica – che le terrà compagnia per tutto il periodo di isolamento.

È attraverso Kitty che abbiamo potuto conoscere Anna e seguirla nella sua crescita. È nel diario che Anna racconta brevemente la storia della sua vita fino al giorno in cui lo riceve in regalo: “Mio padre, il padre più adorabile che abbia mai incontrato, si è sposato solo a 36 anni con mia madre che allora aveva 25 anni. Mia sorella Margot nacque nel 1926 a Fancoforte sul Meno, in Germania. Il 12 giugno1929 arrivai io e poiché siamo ebrei puri nel 1933 siamo emigrati in Olandaa dove mio padre è stato nominato direttore della Opetka olandese, società per marmellate. La nostra vita scorreva con a dovuta ansia, visto che la famiglia rimasta in Germania non veniva risparmiata dalle leggi antiebraiche di Hitler. [...] Dopo il maggio 1940 la situazione è precipitata, i bei tempi sono finiti; prima la guerra, la capitolazione, l’arrivo dei tedeschi e per noi ebrei sono cominciate le disgrazie. Una legge antiebraica dopo l’altra e la
nostra libertà è stata limitata sempre più, ma é ancora sopportabile, nonostante la stella, le scuole separata, gli orari in cui si deve stare a casa ecc. ecc. [...] Per noi 4 le cose vanno ancora bene, e così sono arrivata alla data di oggi in cui avviene la solenne inaugurazione del mio diario
” - 20 giugno 1942.

Meno di un mese dopo, il 6 luglio 1942 la famiglia deve nascondersi nell’Achterhuis - alloggio segreto e letteralmente ‘retrocasa‘ dall’olandese – un piccolo spazio a due piani posto sopra i locali della Opekta di Otto Frank. Loro compagni di nascondiglio sono il socio di Otto, Hermann van Pels con la moglie Auguste e il figlio Paul e – in un secondo momento – il dentista Fritz Pepper. Ad aiutare la famiglia Frank e gli altri “abitanti dell’alloggio segreto” portando loro cibo e notizie per più di due anni sono stati gli impiegati dell’Opetka Johannes Kleiman, Victor Kugler, Bep Voskuijl insieme a Jan e Miep Gies .La vita quotidiana della famiglia Frank e degli altri ospiti del rifugio, i loro pensieri, le loro paure, le sofferenze e le illusioni sono descritte nel Diario di Anna per oltre due anni.
Tutto si spezzerà il 4 agosto 1944 quando, a seguito di una delazione di ignoti, un tedesco e quattro olandesi della polizia nazista fanno irruzione nell'alloggio segreto: tutti i rifugiati clandestini sono arrestati, l'alloggio perquisito e saccheggiato dalla Gestapo. Miep trova il Diario e lo prende per tenerlo al sicuro fino al ritorno della legittima proprietaria. Qualche giorno dopo il gruppo viene internato a Westerbork, il più grande campo di concentramento tedesco in Olanda. Il 3 settembre 1944 la famiglia Frank, la famiglia van Pels e Fritz Pepper vengono
caricati sull’ultimo treno che da Westerbork partirà per Auschwitz. All’arrivo Otto viene separato dalle figlie e dalla moglie, che di lì a poco muore. Il 30 ottobre dello stesso anno, Anna e Margot vengono aggregate a un convoglio di un migliaio di giovani donne inviate a Bergen Belsen. Nel febbraio 1945, le due sorelle – di 15 e 18 anni - sono colpite da tifo e moriranno in marzo a pochi giorni di distanza; prima Margot, poi Anna. Le truppe inglesi libereranno Bergen Belsen circa tre settimane dopo. Troppo tardi per le sorelle Frank. I loro corpi sono sepolti in una fossa comune.

Di tutti gli abitanti dell’alloggio segreto sopravvive solo Otto Frank. Alla fine della guerra, Miep gli consegna e avari scritti che era riuscita a recuperare: il Diario di Anna, la versione del Diario rivisitata per un’ipotetica pubblicazione, alcuni brani di libri preferiti e anche l’inizio di un romanzo sul periodo passato nell’alloggio segreto.
Il palazzo che accoglieva il nascondiglio della famiglia Frank è stato salvato dalla demolizione nel dopoguerra ed è diventato la sede della fondazione La Casa Anna Frank che ha mantenuto le stanze il più possibil come erano e le ha aperte al pubblico. Oggi è uno dei tre musei più visitati di Amsterdam.

Il Diario viene pubblicato nel 1947 ad Amsterdam con il nome che l’autrice dava al suo alloggio segreto: Het Achterhuis. Da allora è stato tradotto in moltissime lingue.

A seguito la prefazione di Natalia Ginzburg all’edizione italiana Einaudi:
Il diario di Anna Frank ha inizio nel giugno 1942. Nel giugno '42, la sua vita presenta ancora qualche rassomiglianza con la vita d'una qualunque ragazzina dell'età sua. Ma siamo ad Amsterdam, l'Olanda è in mano ai tedeschi da due anni; e le SS vanno per le case cercando gli ebrei. A tredici anni appena compiuti, Anna conosce e parla con estrema naturalezza il linguaggio dei perseguitati: sa che lei e i suoi debbono portare la stella giudaica, che non possono frequentare locali pubblici, che non possono prendere il tram.

Dall'invasione tedesca "i bei tempi sono finiti", scrive Anna nel suo diario; ma "finora per noi quattro è andato discretamente bene". La guerra, le privazioni alimentari, i tedeschi e il pericolo, tutto questo Anna nel giugno '42 può ancora dimenticarselo ogni tanto, e vivere abbastanza gioiosamente mangiando gelati, volteggiando in bicicletta, flirtando con i compagni, studiando la mitologia greca; fino al giorno in cui tutta la famiglia Frank si trasferisce nell'"alloggio segreto", per sfuggire ai tedeschi e tentare di salvarsi.

Dopo la lettura del diario di Anna e della breve nota che lo conclude (gli abitanti dell'"alloggio segreto" non si sono salvati), questo "alloggio segreto" con le sue scale e scalette e le stanze buie dai fitti tappeti e i massicci mobili d'ufficio mischiati alle masserizie, ci sta davanti con una forza ossessiva, come una grande trappola: per due anni, la famiglia Frank, la famiglia Van Daan e il dentista Dussel vi hanno abitato senza uscirne mai, senza mai affacciarsi alle finestre, visitati soltanto dai fedeli amici che conoscono il segreto dello scaffale girevole, che portano dall'esterno cibo, libri, notizie; vi hanno abitato raschiando e cucinando patate, litigando, ascoltando la radio inglese, fra alternative di paura e speranza; ossessionati dalle privazioni alimentari, dalla noia, dai mille problemi d'una forzata clausura; in questa attesa di adulti snervati che un nulla fa trasalire, Anna è venuta a trovarsi con i suoi propri problemi di ragazzina che cresce e che si trasforma, inevitabilmente sentendosi soffocare fra la mancanza d'aria libera e questi monotoni discorsi d'adulti; sentendosi incompresa e abbondata a se stessa, con la sua propria paura e la sua propria noia, fra la noia e la paura degli altri. Nel diario, ora si lamenta con quella voluttà di lamentarsi che è propria degli adolescenti, ora critica aspramente i sistemi
di educazione dei suoi ("non mi trattano mai in modo uguale"). Ora è in rotta con i suoi e con gli altri abitanti dell'"alloggio segreto", le sembra d'odiare sua madre e ne è stupefatta; ora, di nuovo docile   allegra, di colpo riconciliata con l'esistenza, torna a far parte della piccola comunità e il suo diario è di nuovo fedele cronaca quotidiana, è il giornale di bordo di questa nave immobile nel centro di Amsterdam, che naufraga lentamente senza saperlo.

Anna ha un'intelligenza penetrante e precoce; un occhio critico a cui non sfugge nulla. Ha il dono dell'ironia, la facoltà di raccontare cogliendo le cose nella loro sostanza. Nelle sue mani, il diario diventa dunque lo specchio fedele della vita di questa piccola comunità in clausura: una comunità ben definita e riconoscibile in ogni suo particolare sociale, individuata con costante freschezza; a nessuno è risparmiato l'aspro giudizio di Anna, eppure tutti appaiono nella loro sostanza umana più indifesa e pietosa, e li sentiamo così vicini a noi che a lungo li sentiamo col pensiero oltre le pagine del diario, nei campi dove sono morti.

Sono ebrei benestanti, che hanno avuto in passato una vasta rete di affari e di conoscenze, e abitudini di vita piacevole e comoda: e tuttavia né tali abitudini né il denaro li hanno provveduti di quella sicurezza, di quel senso di stabilità cieca e incrollabile che è proprio di chi appartiene al loro stesso gruppo sociale, perché gli ebrei della Mittel-Europa hanno nel sangue il senso della persecuzione, del terreno malfermo, del pericolo. Irrequieti e dolenti anche nei tempi sereni, essi si adattano senza fatica alla condizione più disagiata e pericolosa; dolendosi, ma senza stupore, ritrovando forse nelle loro più antiche memorie vetrine di negozi infrante, quartieri devastati e incendiati. Ma questo adattamento alla miseria o al pericolo è, nella famiglia di Anna e nei suoi amici Van Daan, l'unica forza: perché essi hanno poi tutta l'infantilità, tutto il puerile attaccamento alle cose futili che è proprio di chi è spinto nel pericolo senza una vera coscienza responsabile, senza una fede. E l'insofferenza di Anna per quanti la circondano proviene forse proprio da questo, senza che lei stessa se ne renda conto chiaramente: lei, sola bambina
tra adulti, si sente in verità la sola adulta, la sola che in qualche modo si disponga a morire: la sola che cerchi nel pensiero della morte qualcosa che non sia puramente orrore o pena: la sola che cerchi di guardare oltre a sé, che spinga il proprio pensiero fuori della monotona vicenda di speranza e paura: la sola che cerchi nella propria storia un significato universale. Il libro di Anna Frank, noi lo leggiamo sempre tenendo presente la sua tragica conclusione; senza poterci fermare a quei precisi momenti che vi son raccontati, ma sempre guardando oltre, sempre
cercando di figurarci quel campo di Bergen Belsen, dove Anna è morta, e quegli otto mesi che ha trascorso là, prima della morte, certo penosamente ricordando l'"alloggio segreto", l'idillio con il ragazzo Peter, i gattini, le feste per i compleanni, le amiche Elli e Miep che fino all'ultimo han rischiato la vita per la salvezza di lei e dei suoi; tutto questo, mentre leggiamo, ci sta davanti così come Anna deve averlo rievocato in quegli otto mesi, tutti i due anni dell'"alloggio segreto" così come saranno riapparsi a lei e agli altri quel mattino sul camion, fra i tedeschi che li portavano via, quei due anni strappati ai tedeschi e vissuti a insaputa dei tedeschi, di frodo, quei due anni che hanno consentito ad Anna Frank di scrivere il suo diario.

"È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità".

Così scrive Anna, pochi giorni prima che i tedeschi irrompano nell'"alloggio segreto"; e sono parole come queste, sono pagine come queste che fanno del suo diario qualcosa di più d'un semplice documento umano; sono pagine come queste che ci fanno tornare a questo libro vincendo la pietosa emozione che ci dà l'innocente e garrula voce a cui fu imposto silenzio. Di questa voce, noi serbiamo nella memoria la vibrazione fiduciosa e serena, la bontà coraggiosa che ha superato la morte.

BIBLIOGRAFIA

Anne Frank - Racconti dell’alloggio segreto - Einaudi Editori - 2005
Anne Frank - Tutti gli scritti - Einaudi Editori - 2015
Anne Frank – Diario - Einaudi Editori - 2015
Ari Folman e David Polonsky, Anne Frank – Diario – Einaudi Tascabili - 2017
Miep Gies e Alison Leslie Gold - Si chiamava Anne Frank - Utet - 2018
Irène Cohen-Janca e Maurizio A. Quarello – L’albero di Anne - Orecchio Acerbo - 2013

FILMOGRAFIA

Il diario di Anna Frank - George Stevens - 1959 – 172 min
#AnneFrank. Vite parallele - Sabina Fedeli, Anna Migotto – 2019 - 95 min

Tags: Anna Frank, Diario


Le parole della Shoah

La TimeLine della Shoah