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La notte dei cristalli

“La notte dei cristalli costituì il preludio alla distruzione di un popolo intero, e un’indicazione di ciò che accade quando una società soccombe ai suoi istinti più bassi.” M. Gilbert

La notte dei cristalli

La notte tra il 9 e il 10 di novembre del 1938 viene tristemente ricordata con il nome -dato dai nazisti stessi- di Kristallnacht, notte dei cristalli; in cui esplosero gli attacchi organizzati a sinagoghe, negozi e abitazioni di proprietà di ebrei.

Le violenze - portate avanti da squadre paramilitari di SA e Gioventù hitleriana – durarono fino alla sera del 10 novembre ma furono solo l’inizio del periodo di discriminazioni , persecuzioni e sterminio che i nazisti stavano pianificando per la popolazione ebraica.

Per capire meglio l’origine e il ruolo che la notte dei cristalli ha avuto nell’escalation di violenza antiebraica nazista, bisogna fare un passo indietro al 18 ottobre del 1938, quando il regime decise l’espulsione dalla Germania degli ebrei polacchi residenti legalmente nel Paese anche da molti anni. Circa 12.000 persone furono obbligate a lasciare la propria casa con una notte di preavviso e a recarsi alla stazione più vicina potendo portare con sé una sola valigia a testa a racchiudere le proprie cose. Nelle varie stazioni trovarono i treni che li portarono verso il confine polacco dove però, all’arrivo, fu negato l’ingresso nel Paese a più della metà degli espulsi. Circa 8.000 persone rimasero bloccate tra i confini senza avere il permesso di risiedere in nessuno dei due paesi.
Tra questi vi erano i coniugi Grynzspan con la figlia Berta, la quale scrisse al fratello sedicenne Herschel – già scappato a Parigi – informandolo della situazione e chiedendogli in aiuto dei soldi.
Herschel ricevette la cartolina della sorella il 3 novembre e, indignato dalla situazione, si armò di una pistola e si presentò il 7 novembre all’ambasciata tedesca della capitale francese con lo scopo di farsi ricevere dall’ambasciatore.

Fu invece mandato dal terzo segretario Ernst von Rham. Appena accolto, in segno di protesta per la situazione della sua famiglia e delle altre migliaia di ebrei costretti nel campo profughi, Herschel Grynzspan sparò al diplomatico ferendolo gravemente. Il giovane non provò nemmeno a fuggire e fu immediatamente catturato. Nella tasca portava una cartolina indirizzata ai genitori: “Con l'aiuto di Dio, miei cari genitori, non ho potuto fare altrimenti, che Dio mi perdoni, il cuore sanguina quando sento della vostra tragedia e quella dei 12.000 ebrei; devo fare in modo che tutto il mondo possa sentire la mia protesta. Perdonatemi, Hermann.”

Mentre la notizia dell’attentato uscì su tutti i giornali tedeschi che ritenevano collettivamente responsabile l’intero popolo ebraico accusandolo di essere un popolo di assassini e di portare avanti una campagna anti-tedesca, agli ebrei fu immediatamente proibito di continuare a pubblicare quotidiani e periodici ebraici con lo scopo di controllare l’informazione ed isolare i membri dalle comunità.

Nonostante il tentativo di Hitler di salvare von Rham mandandogli addirittura il suo medico personale, l’ufficiale morì due giorni dopo l’attacco. Il Führer, informato del decesso mentre si trovava a Monaco per l’anniversario del mancato putsch del 1923, lasciò la birreria dove si tenevano le celebrazioni. Goebbles, ministro della propaganda, colse l’occasione per farsi notare ulteriormente da Hitler. Insinuando che l’intera comunità ebraica internazionale avesse cospirato con il fine di commettere l’omicidio, riportò la posizione di Hitler contraria a manifestazioni antiebraiche organizzate ma - sottolineandone la propensione alla non repressione in caso ne fossero insorte di spontanee - diede il via libera a SA e Gioventù hitleriana, già pronti ad agire.

Le istruzioni sulle modalità di azione furono velocemente diffuse a tutte le sedi locali del partito nazista e le prime violenze iniziarono nella notte del 9 novembre nell’intero paese. Alle 1.20 della notte del 10 novembre, Reinhard Heydrich mandò un telegramma con le direttive per la “gestione” della rivolta: i componenti delle squadre dovevano operare in abiti civili, non potevano attaccare gli stranieri (anche nel caso fossero ebrei) ne’ i non ebrei e le loro proprietà. Avevano altresì la licenza di incendiare le sinagoghe ma con la raccomandazione di preservarne gli archivi e mandarli ai Servizi di Sicurezza del Reich. Alla polizia fu richiesto di arrestare gli uomini ebrei giovani secondo la capienza delle carceri e ai vigili del Fuoco di non intervenire se i danni e le fiamme non si fossero propagati a beni e proprietà non ebraiche.

L’obiettivo del regime era quello di fare credere che le violenze, che perdurarono fino alla sera del 10 novembre, fossero una reazione spontanea della popolazione all’omicidio di von Rham e non delle operazioni organizzate da membri del regime.

Già da subito però, la stampa straniera e le corrispondenze dei diplomatici stranieri – che testimoniarono con immagini, articoli e note gli avvenimenti - compresero e dichiararono invece che l’operazione fosse organizzata e che fosse chiaro dallo stesso modus operandi utilizzato in tutto il territorio sotto il dominio nazista: Germania, Austria e la appena occupata regione dei Sudeti in Cecoslovacchia.

A Berlino, Monaco, Amburgo, ma anche Vienna, Stoccarda, Nordhaus, Lipsia, Bochum, Worms a altre decine e decine di città, la maggior parte delle sinagoghe furono date alle fiamme e - quando questo non era possibile senza mettere in pericolo edifici vicini non ebraici - distrutte con asce e bastoni; i negozi saccheggiati e le vetrine distrutte, le case devastate e gli ebrei umiliati e costretti a guardare i loro beni andare a fuoco. In Austria molti attacchi furono portati avanti addirittura dalle SA spesso in uniforme; tra di loro, molti adolescenti e studenti spesso armati e incitati dai professori.

Data la situazione di pericolo e di incertezza, la mattina del 10 novembre moltissimi studenti ebrei furono rimandati a casa dalle scuole ebraiche delle varie città. Tutti quelli che riuscirono poi a sopravvivere alla guerra e alle persecuzioni ricorderanno perfettamente quella giornata e i soprusi che subirono o videro subire.

Ancora nel mezzo di disordini e distruzioni, alle 17:00 del 10 novembre fu mandato via radio l’ordine di interrompere le dimostrazioni. Secondo il rapporto sui “risultati provvisori” presentato a Heidrich l’11 novembre, furono distrutte 76 sinagoghe e 191 incendiate, demoliti 29 grandi magazzini, vandalizzati 815 negozi e saccheggiate 117 abitazioni private. 36 gli ebrei uccisi.
In realtà In meno di 24 ore erano state distrutte più di 1000 sinagoghe, danneggiate migliaia di casa e frantumante le vetrine di più di 7000 negozi di proprietà di ebrei; proprietà precedentemente rese facilmente identificabili da una legge del giugno del 1938 che obbligava i proprietari a standardizzarne le insegne. Le vittime furono 91, ma rimane incalcolabile il numero di coloro che furono picchiati e umiliati nei modi più crudeli. Seguendo gli ordini dati, la polizia arrestò circa 30.000 uomini in buona salute che furono poi deportati nei campi di concentramento di Dachau, Sachsenhausen e Buchenwald.

La notte dei cristalli viene considerata uno spartiacque della violenza del regime. In quelle poche ore la discriminazione sfociò impunemente nell’omicidio e tutto divenne possibile. Il regime, forte della passività con cui la popolazione aveva reagito davanti alla violenza e ai soprusi, promulgò ulteriori decreti e leggi antisemite volte a privare gli ebrei di beni e mezzi di sostentamento. Tali leggi impedivano agli ebrei l’esercizio di numerose professioni private, li obbligavano a vendere a prezzi stracciati aziende e società agli ariani, li privavano del diritto all’istruzione espellendoli dalle scuole e resero loro sempre più difficile il sostentamento e la sopravvivenza escludendoli a tutti gli effetti dalla vita economica, sociale e culturale del paese.

Furono inoltre gli ebrei stessi a dover pagare i danni di quella notte: la comunità ebraica venne obbligata ad estinguere la “tassa di espiazione” di circa un miliardo di marchi.

Anche se il regime nazista ancora permetteva l’emigrazione ebraica dalla Germania, il 19 novembre vennero sospesi i visti di espatrio agli ebrei fino a quando la comunità non avesse estinto il debito del miliardo di franchi e in generale fino a quando le famiglie interessate non fossero rimaste prive di disponibilità economiche. Il numero degli ebrei che cercava di lasciare al Germania e i territori occupati era però sempre più alto.

Numerosi documenti furono conservati nelle ambasciate di 48 paesi i cui diplomatici assistettero alla notte dei cristalli e alle sue conseguenze; la maggior parte rimase scioccata dalla crudeltà e della violenza del regime nazista e lo riporta in lettere inviate in patria condannando la violenza e le distruzioni definendole barbarie medievali, brutali e disgustose. Nessun Paese però – ad eccezione degli Stati Uniti d’America che richiamarono in patria il loro ambasciatore – ruppe i rapporti diplomatici con il Terzo Reich né cambiò le proprie politiche di accoglienza. I visti d’ingresso rilasciati da paesi come il regno Unito, USA e Australia avevano già raggiunto le quote annuali previste e nonostante lunghi dibattiti sul tema di un aumento dell’accoglienza di ebrei provenienti dai territori posti sotto il dominio nazista, la maggior parte dei paesi decise di non aumentare il numero dei permessi.

Solo grazie a singoli individui come Ho Feng Shan, console cinese a Vienna e Frank Foley - spia britannica con copertura come Direttore dell’ufficio passaporti dell’ambasciata inglese di Berlino - che sfidarono il nazismo, le leggi internazionali e quelle dei loro paesi, un maggior numero di persone di quelle previste dagli accordi vide la salvezza attraverso l’emigrazione. Il destino di moltissimi di coloro che non riuscirono a lasciare la Germania e i paesi occupati è tristemente noto. Entrambi sono stati poi riconosciuti Giusti tra le Nazioni.

Qualche giorno dopo la notte dei cristalli, lo Schwarze korps – quotidiano ufficiale delle SS – pubblicò un articolo che informava che qualsiasi rappresaglia contro i tedeschi per il maltrattamento degli ebrei sarebbe stata pagata dagli ebrei stessi: “useremo i nostri ostaggi in maniera sistematica, indipendentemente da quanto certa gente possa trovare la cosa scioccante. Seguiremo il principio proclamato dagli ebrei: ‘Occhio per occhio, dente per dente’. Ma prenderemo migliaia di occhi per un occhio, migliaia di denti per un dente. Guai agli ebrei se un altro di loro, o un collaboratore aiutato o istigato da loro, dovesse alzare le mani contro un tedesco.“ Nel Terzo Reich ogni singolo ebreo era infatti responsabile di ogni atto vendicativo compiuto da terzi; ebrei o non ebrei.

 

BIBLIOGRAFIA

M. Gilbert, La notte dei cristalli, Corbaccio, 2006
B. Perotti, La notte dei cristalli. L’inizio della persecuzione antisemita nel Terzo Reich 9 10 novembre 1938, Mursia, 1995
P. Lanfranchi, Acheronta Movebo. Le storie ritrovate di Franziska e Charles Maylan, Castelvecchi, 2017
G. Schwab, The Day the Holocaust Began: The Odyssey of Herschel Grynszpan, Praeger Pub Text, 1990
G. Grasso, Il caso Kaufmann, Rizzoli, 2019


 

 

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