L'ebreo inventato

"L'ebreo inventato" è un volume che affronta luoghi comuni, pregiudizi, stereotipi e che può essere qundi utilizzato come materiale di supporto nell'insegnamento di tali temi.
Nella premessa al volume, Gadi Luzzatto Voghera, poggiando su un’accurata ricognizione dei dati qualitativi e quantitativi del fenomeno, scrive che "il pregiudizio antisemita in Italia è presente, è esteso, è fondato su elementi ben precisi che possono essere identificati e efficacemente contrastati, ma rimane difficile ipotizzarne un definitivo sradicamento." È in questa affermazione che bisogna trovare la ragion d’essere di questa collettanea di studi: approfondire i diversi dispositivi culturali che hanno composto e compongono ancora il discorso antisemita, identificarne i “luoghi comuni, pregiudizi, stereotipi” – secondo la definizione del sottotitolo –, e infine, attraverso uno studio scrupoloso, decostruirli per contrastarne la diffusione.

Dall’ampio e variegato numero di interventi raccolti da "L’ebreo inventato" emerge chiaramente come l’argomento debba essere affrontato in maniera prismatica, proponendo necessariamente un insieme di letture interdisciplinari (storiche, storico-religiose, financo geopolitiche o giuridiche), calate in contesti storici e geografici differenti.

Nel complesso del volume, l’analisi degli stereotipi religiosi sono affrontati da Roberto Della Rocca, che si incarica sia di spiegare la concezione di “elezione” del popolo ebraico, spesso distorta, sia di smentire “l’idea che il Signore al quale fanno riferimento gli ebrei sia legato alla ‘vendetta’”, luogo comune che ha dato vita alla contrapposizione tra il dio ebraico e quello amorevole-cristiano; Raffaela di Castro esamina lo stereotipo che descrive il popolo ebraico come chiuso all’esterno, una chiusura che si fonderebbe, negli occhi dell’antisemita, su una presunta e fallace dichiarazione di superiorità. Daniele Garrone, invece, tratta l’accusa di deicidio, tra i pregiudizi portanti dall’antigiudaismo occidentale, ripercorrendo le vicende di Gesù nelle scritture.
L’intervento di David Bidussa si sofferma sullo stereotipo dell’ebreo “rabbino”, attaccato al denaro. Il pregiudizio antisemita deriva dall’attività di prestito a interesse, risalente tra il XII e XIII secolo, svolta, “nella sua fase iniziale, dagli ebrei, unici autorizzati ad assolvere a tale compito”. Bidussa ricostruisce i processi storico-economici che hanno portato alla formazione del fenomeno, svincolandoli da una aprioristica identificazione identitaria."Essere ebrei non significa fare usura. Quella dimensione professionale o quella pratica non dipendono dall’identità, ma discendono da una funzione nello spettro sociale, dai sistemi di sviluppo commerciale e produttivo, dalle reti di scambio."

Il volume non si sottrae dall’affrontare questioni di stringente attualità. In questo senso, i due interventi redatti da Claudio Vercelli esaminano il legame tra antisionismo e antisemitismo, ripercorrendo le vicende della nascita del movimento e soffermandosi sulle principali argomentazioni degli antisionisti; in particolare, Vercelli affronta l’equiparazione tra Israele e la Germania nazista, dietro cui si celano, appunto, i luoghi comuni – spesso di lunga data – dell’antisemitismo o dell’antigiudaismo.
Chiudono gli interventi di Fiona Diwan, che ripercorre i rapporti tra ebrei e mondo arabo in un’ottica di lungo periodo (prima e dopo la fondazione dello stato israeliano), e di Davide Jona Falco, il quale affronta il luogo comune che vorrebbe gli ebrei più legati alla propria identità culturale e religiosa che alla loro nazionalità italiana, confondendo strumentalmente i concetti di cittadinanza, nazionalità e appunto identità; concludendo con un’apertura sulla necessità di una prospettiva europea capace di conciliare diritti individuali e rispetto per le minoranze, Jona Falco acclude al suo intervento la Costituzione italiana e Il Manifesto di Ventotene.

Gli stereotipi fin qui analizzati ci riportano all’introduzione dei curatori dell’opera, dove si pone la necessità di tenere in considerazione la nozione di pluralismo per affrontare ogni identità, individuo, popolo, società; un concetto spesso colpevolmente tralasciato nei discorsi antisemiti, i quali dimenticano facilmente che l’ebraismo è fortemente caratterizzato da “un’identità composita: religione, popolo, cultura, tradizione, norme di comportamento”. L’antisemitismo, invece, negando le differenze e la complessità che le accompagna, si fonda su un riduzionismo di maniera, su mistificazioni semplicistiche, facendo uso strumentale della scomposizione del pluralismo stesso, per arrivare a proporre – a seconda dell’occasione – i citati “pregiudizi, luoghi comuni, stereotipi”.

"L’ebreo inventato" segue un’impostazione molto lineare nell’affrontare i problemi producendo un insieme articolato di percorsi di riflessione, accompagnati da suggerimenti e riferimenti bibliografici e sitografici, che possono essere utilizzati in classe per stimolare gli studenti ad approfondire le tematiche didattiche. Cliccando qui potete avere accesso alla pubblicazione per gentile concessione degli autori e della casa editrice Giuntina.
A seguire ne trovate la presentazione che i curatori .Raffaella Di Castro e Saul Meghnagi - hanno fatto per gli utenti di Scuola e Memoria.

 

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